lunedì 19 maggio 2008

Per il fegato, carciofo e cardo mariano

Il nostro apparato digerente è costituito dal tubo digerente, che inizia a livello della cavità orale e termina a livello del retto, e da due grossi organi annessi, il fegato ed il pancreas: questi servono alla produzione dei succhi digestivi indispensabili per la digestione e l’assorbimento dei grassi, delle proteine e dei carboidrati presenti negli alimenti.
E la loro attività è legata a numerosi fattori di ordine fisico ma anche chimico, come ad esempio l’acidità o alcalinità degli alimenti, la presenza più o meno consistente di grassi, di alcool, ecc.
Si tratta cioè di un apparato di per sé molto complesso, il cui buon funzionamento, forse più di ogni altro apparato, risente costantemente del tipo di alimentazione.
La fitoterapia tradizionalmente ci consente di utilizzare sostanze di origine vegetale in grado di migliorare certe funzioni specifiche di questo apparato.
Oggi parleremo delle piante più facilmente utilizzabili per le loro funzioni sul distretto epato-biliare, sul fegato cioè e sulle vie biliari, che servono a raccogliere la bile prodotta dal fegato e ad immetterla nell’intestino al momento dell’arrivo del cibo nel tratto duodenale.
Le piante maggiormente studiate e utilizzate sono due, molto simili morfologicamente, ma con indicazioni abbastanza diverse tra loro: il Cardo mariano ed il Carciofo.

Cardo mariano.
Il Cardo Mariano (Silybum marianum Gaertner) è una robusta pianta erbacea, originaria dai paesi del bacino mediterraneo, ed oggi in realtà prevalentemente coltivata a scopo farmaceutico e cosmetico.
La parte utilizzata è rappresentata dal frutto, impropriamente chiamato seme, piuttosto che le foglie, un tempo di uso comune invece nella medicina popolare. Il Cardo mariano è la pianta che per eccellenza si merita il tanto discusso appellativo di epatoprotettore, impropriamente ritenuta un "depurativo del fegato" offre in realtà un vero e proprio complesso di sostanze capaci di proteggere le cellule del fegato (epatociti) dai danni di varie sostanze tossiche quali l'alcool, il fumo, i farmaci, ecc. Queste sostanze appartengono alla categoria dei flavolignani, presenti nei suoi semi, e formano un fitocomplesso denominato ormai universalmente silimarina, prevalentemente costituito da tre molecole (silibina, silicristina e silidianina) per la quale, a carico del fegato, sono state ampiamente dimostrate le seguenti proprietà farmacologiche:
· stabilizzazione delle membrane cellulari e lisosomiali
· effetto antiossidante e radical 'scavenger'
· inibizione della perossidazione dei lipidi
· effetti antiinfiammatori ed antifibrotici
· stimolo per la glicuroconiugazione e la biosintesi proteica
· accellerazione della rigenerazione epatica
Anche recentemente è stato ricomfermato il ruolo dei flavolignani del Cardo mariano nella terapia delle epatopatie tossiche, epatiti croniche, fibrosi e cirrosi epatiche e come antidoto nelle intossicazioni da Amanita phalloides (con somministrazione di silimarina per via endovenosa). Nel complesso la silimarina migliora la funzionalità dell'epatocita, con un' attività epato-protettrice, anti-necrotica e lipotropa. La Silimarina è oggi utilizzata anche in cosmesi per le proprietà antiossidanti ed eudermiche.
La raccomandazione importante è quella di non utilizzare gli estratti di Cardo mariano sotto forma di tisana, di estratto secco o di tintura alcolica, bensì sotto forma di silimarina, cioè di fitocomplesso purificato, peraltro disponibile in numerosi preparati del commercio ed in vere e proprie specialità medicinali.

Carciofo.
Contrariamente a quanto ritenuto, del Carciofo (Cynara scolymus) si utilizzano le foglie della pianta e non il frutto, abitualmente apprezzato come ortaggio. E’ opinione comune che il Carciofo sia la pianta ideale per curare e proteggere il fegato, ma la ricerca scientifica e gli impieghi clinici hanno invece dimostrato che i suoi estratti sono particolarmente indicati nei disturbi delle vie biliari piuttosto che del parenchima epatico vero e proprio.
I costituenti chimici più importanti sono rappresentati dai polifenoli (flavonoidi, tannini e i derivati dell'acido clorogenico), poliacetileni, steroli, acidi organici sali minerali e componenti volatili aromatici. Oggi sappiamo anche che la cinarina, un tempo ritenuta il principio attivo del carciofo, in realtà non è presente nella pianta, ma si forma soltanto durante il processo di essiccamento.
Le reali proprietà farmacologiche attribuite al Carciofo, verificate anche con studi sull'animale, sono:
· coleretico
· diuretico
· ipolipemizzante
Mancano invece verifiche e conferme con studi condotti sull' uomo (e sull'uomo malato) per le proprietà epatoprotettrici, antielmintiche, ossitociche, antibatteriche ed antivirali. Tutte attività farmacologiche che pure sono state sperimentate in vitro o sull'animale.
Così come mancano studi sulle proprietà depurative del carciofo nei soggetti con insufficienza renale, malattie dermatologiche, dalla psoriasi al prurito, dall'orticaria ai foruncoli; tutte indicazioni che avevano invece trovato un certo credito nella credenza popolare.
Gli estratti di Carciofo quindi possono razionalmente essere utilizzati per fluidificare la bile e migliorare il quadro funzionale del soggetto dispeptico, attivare il catabolismo epatico del colesterolo e ridurre il rischio di calcolosi biliare.
Mentre le tinture e le tisane rappresentano vecchie preparazioni, peraltro amare e non titolate, si consiglia invece il ricorso all'uso di estratti secchi standardizzati. Il Carciofo è presente anche in Farmacopea.
Opportunamente prescritte dal medico queste due piante possono quindi servire nella prevenzione cura di disturbi o patologie rispettivamente del fegato (Cardo mariano) e delle vie biliari (Carciofo). www.naturamedica.net

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