domenica 21 dicembre 2008

Medicina: 11 mln italiani con reflusso gastroesofageo, costi alle stelle

E' un vero e proprio esercito quello degli italiani con malattia da reflusso gastroesofageo (Mrge). I connazionali con bruciore alla bocca dello stomaco, rigurgito ed esofagite sono 11 milioni, "dunque la malattia ha una prevalenza di ben il 18% nel nostro Paese", rileva Marcello Tonini, docente di scienze forensi e farmacotossicologiche all'università di pavia . L'occasione è la presentazione, oggi a Roma, di uno studio internazionale che ha indagato i costi della malattia in sei Paesi: Italia, Francia, germania , Gran bretagna , Spagna e Svezia. E che ha visto lavorare insieme medici ed economisti. Lo studio ha analizzato l'impatto della Mrge sulla qualità della vita di chi ne soffre, ma anche gli aspetti economici della malattia. Sia i costi diretti che quelli indiretti relativi alle giornate di lavoro perse o alla scarsa produttività, proprio a causa della malattia. La Mrge, infatti, 'brucia' in media 5,7 ore alla settimana, tanto quanto il mal di testa e più di artrosi (4,8 ore), allergie (4,1) e ipertensione (3,3). Ma ad andare in fumo sono anche gli euro necessari a curarla, sia bene che male. In base alle analisi dell'economista dell'università di Barcellona (Spagna) Josep Darba, "ogni paziente costa in media 242 euro per i farmaci, 74 per le eventuali ospedalizzazioni e 26 per il tempo dedicato dai medici alle visite. Il che significa che l'Italia spende ogni anno 3 miliardi e 443 milioni di euro di costi medici diretti". Come se non bastasse, l'assenteismo sul posto di lavoro aggiunge un miliardo al conto. E il presenteismo, indicato come la presenza alla scrivania ma non al 100% delle proprie possibilità, ne aggiunge altri 4 miliardi e 400 milioni. Insomma, cifre da capogiro a cui vanno aggiunte le risorse spese male per via delle terapie non adeguate alle necessità del paziente, che si risolvono in farmaci sbagliati, ricoveri ospedalieri e peggioramento delle condizioni che possono sfociare in patologie più serie e costose tra cui l'esofago di Barret o l'adenocarcinoma dell'esofago. Da qui la necessità, sottolinea Tonini, "di una corretta diagnosi e soprattutto della giusta cura per le esigenze del malato. I farmaci oggi a disposizione, gli inibitori della pompa protonica (Ipp) che riducono l'acidità dello stomaco, sono cinque. Ma gli effetti migliori si ottengono con i due di ultima generazione: l'esomeprazolo e il pantoprazolo. E' chiaro - aggiunge - che dovranno essere queste due molecole la scelta d'elezione per i pazienti più complicati o con le forme meno facili da trattare. Anche se costano di più". Il farmacologo rivolge a questo proposito una severa critica alle Regioni che hanno introdotto delibere restrittive che, inserendo il prezzo di riferimento, di fatto limitano l'accesso di questi farmaci a tutti i malati per i quali sarebbero indicati. "Nelle Regioni senza il prezzo di riferimento - continua Tonini - esomeprazolo e pantoprazolo assorbono il 24% del mercato degli Ipp, mentre nelle altre (Lazio, Sicilia, Puglia, sardegna , Liguria, Abruzzo, Molise e Calabria) la percentuale è solo all'11%. Le delibere - conclude - sono state criticate anche dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), che ha ammesso l'esistenza di differenze sostanziali, e di un problema da affrontare". (Adnkronos Salute)