domenica 27 aprile 2008

Sognare fa bene ai ricordi

Dormire fa bene alla salute e sognare aiuta a ricordare. Che una notte di sonno sia un toccasana è cosa nota ma che quattro notti 'senza sogni' danneggino la memoria è una scoperta che si deve a un gruppo di ricercatori americani del V.A. Greater Los Angeles Halthcare System. Secondo lo studio del team del professor Dennis McGinty, pubblicato sulla rivista scientifica Sleep, quattro giorni di privazione del sonno Rem, quello profondo in cui si sogna, causano una riduzione della proliferazione delle cellule celebrali che contribuiscono all'archiviazione della memoria a lungo termine. In pratica, secondo gli studiosi, per preservare la nostra capacità di ricordare è necessario non disturbare il sonno del primo mattino. Il riposo notturno infatti non è uguale per tutta la sua durata. Durante la prima parte della notte infatti dormiamo un sonno profondo (fase non Rem), a metà nottata attraversiamo varie stadi di sonno REM (4 o 5 della durata di 5-30 minuti) e, infine, verso il mattino, ci troviamo in una fase 2 di sonno non REM, più vicino alla veglia.

L'esperimento. I ricercatori hanno condotto lo studio su due gruppi di topi. Grazie ad un sistema di rilevazione automatica del sonno profondo, la ruota su cui riposavano le cavie del primo gruppo si azionava svegliandole quando attraversavano la fase Rem. Anche il secondo gruppo è stato sottoposto allo stesso trattamento, ma venivano svegliati indipendentemente dal momento del ciclo sonno-veglia. Secondo i risultati, il sonno Rem è stato ridotto dell'85% nei ratti 'sotto esame' e del 43% in quelli 'di controllo'. E la proliferazione cellulare si è ridotta del 63% nei primi, rispetto ai secondi. "Diversi studi hanno già dimostrato quanto il sonno contribuisca alla plasticità cerebrale e alla neurogenesi adulta, ovvero al funzionamento e al rigeneramento dei neuroni nel sistema nervoso centrale – spiega McGinty –. Ma questa ricerca si chiedeva in quale modo i due diversi tipi di sonno, quello con e senza sogni, influissero su cervello e memoria. I risultati mostrano che il sonno Rem ha un ruolo chiave nel favorire la plasticità cerebrale”. Anche se va detto, chiariscono i ricercatori, che nessun dato escluda che l'altro tipo di sonno, quello non Rem, abbia un'importanza simile.

I consigli per dormire bene. Dall'American Academy of Sleep arrivano i suggerimenti per un buon riposo notturno:1. Dormire almeno sette-otto ore a notte 2. Avere abitudini regolari prima di andare a letto3. Cercare di rilassarsi prima di dormire4. Evitare di fare le ore piccole5. Niente cibi o bibite a base di caffeina, o farmaci stimolanti, prima di coricarsi6. Sgomberare la mente dalle preoccupazioni a letto 7. Andare a letto né affamati, né con lo stomaco troppo pieno 8. Evitare di fare attività fisica intensa nelle sei ore che precedono il sonno9. La camera da letto deve essere silenziosa, buia e leggermente fresca10. La sveglia deve suonare sempre alla stessa ora

sabato 26 aprile 2008

Malattie rare...sono rari ma tanti.

Delle malattie rare non si conosce il numero esatto, ma si stima che siano circa 6-7 mila. Ognuna di queste colpisce pochi pazienti (meno di cinque casi su 10.000 abitanti) ma sommando i piccoli numeri si arriva a una cifra che parla da sola. Trenta milioni di persone in Europa e un milione in Italia sono affette da queste patologie, spesso poco conosciute ma che generano sindromi croniche, disabilità e morte prematura sia nei bambini sia negli adulti. Diagnosticarle è difficile così come curarle. Sono pochi i finanziamenti disponibili per la ricerca e per lo sviluppo dei farmaci che, spesso, rimangono "orfani", ovvero senza "sponsor". Per questo l’organizzazione europea e quella italiana per le malattie rare, Eurodis e Uniamo, hanno organizzato la Prima giornata europea delle malattie rare, in un giorno raro: il 29 febbraio. In molte città italiane ed europee ci sono state manifestazioni.

Più formazione per i pediatri. La maggioranza delle malattie rare fino ad oggi conosciute si manifestano in età pediatrica. Proprio per questo “i pediatri devono acquisire – spiega Pierpaolo Mastroiacovo, presidente della Simgeped (la Società italiana malattie genetiche pediatriche e disabilità congenite) in un convegno a Roma – un’adeguata formazione in materia e il bambino deve essere seguito nella malattia da specialisti”. Tutto ciò è realizzabile soltanto con iniziative concrete come la collaborazione con le famiglie creando una banca dati di 'storie esemplari'. "In questo modo – continua Mastroiacovo – si potranno migliorare la diagnosi precoce, l'acquisizione dei dati sulla qualità di vita dei malati, le tecniche di valutazione dell'efficacia delle cure e le eventuali emergenze".

Ampliare l’elenco delle malattie rare. Il 20 marzo la conferenza Stato-Regioni ha affrontato l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (Lea) e anche la questione dell’ampliamento dell’elenco delle malattie rare. Questa è la direzione che bisogna seguire secondo il ministro della salute Livia Turco. Soltanto aggiornando l’elenco infatti, secondo il ministro, sarà possibile riconoscere e diagnosticare le malattie rare. E, una volta individuata la malattia, chi ne è affetto potrà accedere alle prestazioni sanitarie gratuite.

Nasce il Centro nazionale delle malattie rare. Proprio in occasione della giornata dedicata a queste patologie il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Enrico Garaci, ha annunciato la nascita del Cnmr. 35 ricercatori lavoreranno per il controllo di qualità dei test genetici, per aggiornare il registro nazionale delle malattie rare e il registro dei farmaci ‘orfani’, e infine valuteranno i differenti bisogni dei pazienti. Sarà inoltre attivato dal 10 marzo (dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13) il numero verde 800 896949, gratuito e a disposizione dei pazienti, dei medici e degli operatori sanitari per avere informazioni più precise sulle patologie e sui centri di cura.

Un sito dedicato. Medici e specialisti potranno attingere a tutte le informazioni fino ad oggi disponibili sulle malattie rare. Basterà accedere al sito, aggiornato a scadenza settimanale, al quale sta lavorando Farmindustria e che sarà presto disponibile in rete.

venerdì 25 aprile 2008

Macché cancerogeno, il peperoncino fa benissimo

E’ stato condannato senza processo, senza prove, senza indizi. Ma il peperoncino è assolutamente innocente. Anzi è una pianta altamente benemerita. Mangiatene pure senza paura.Lo afferma l’Associazione Nazionale Medici Fitoterapeuti (Anmfit) in relazione alle notizie di stampa circa una presunta pericolosità dell’alimento, additato in un congresso di Urologia in corso a Roma come fattore di rischio di malattie prostatiche, tra cui il tumore. “Niente di più falso”, commenta il presidente dell’Anmfit, Fabio Firenzuoli, direttore a Empoli del Centro di Medicina Naturale e del Centro di riferimento per la Fitoterapia della Regione Toscana.“Così come servono prove scientifiche per dire se una sostanza fa bene alla salute o se addirittura serve per curare certe malattie”, aggiunge, “servono prove anche per affermare che una sostanza è tossica o pericolosa o cancerogena. Servono prove anche se la sostanza è naturale e, a maggior ragione, se si tratta di un alimento. Altrimenti si rischia di provocare inutili allarmismi, peraltro privi di qualunque fondamento”. L’Anmfit ricorda dunque che dal punto di vista scientifico, e non popolare, la realtà dei fatti, è la seguente:1) il peperoncino non è cancerogeno. Le popolazioni che ne fanno più uso (Messico) non presentano infatti una maggiore incidenza di cancro prostatico;2) non esiste alcun lavoro scientifico, né sperimentale, né epidemiologico, che dimostri la pericolosità della piatta in questione. Tutti i lavori scientifici, pubblicati su riviste internazionali, dimostrano l'esatto contrario. E cioè:1) il peperoncino è tra tutte le piante quella con più spiccata attività antiossidante, maggiore anche dei broccoli e delle carote. Inoltre è dotato di elevata attività antiproliferativa su cellule tumorali;2) induce la cosiddetta Apoptosi, cioè favorisce la morte programmata delle cellule del tumore prostatico;3) la Capsaicina, una delle sostanze contenute nel peperoncino, agisce sul citocromo P450, inibendo così la formazione nell'organismo di pro-cancerogeni naturali. Non solo: la Capsaicinala capsaicina inibisce la crescita di cellule tumorali prostatiche4) i Carotenoidi, ovvero le sostanze responsabili del colore giallo e rosso del peperoncino, hanno dimostrato una potente attività antitumorale in vitro;Per concludere, il peperoncino come alimento favorisce la digestione, offre una buona quantità di sostanze protettive e antiossidanti, e presenta anche interessanti proprietà farmacologiche sfruttabili in medicina: maggiormente studiate sono le attività contro il dolore e la cefalee in particolare. Importanti a questo proposito le ricerche del professor Pierangelo Geppetti, (Istituto di Farmacologia, Università di Firenze), uno dei massimi ricercatori mondiali proprio sui recettori nervosi della Capsaicina.“Chi gradisce il peperoncino”, spiega Firenzuoli, “può quindi mangiarlo tranquillamente senza rischi. Anzi, proprio i maschi devono sapere che la pianta contiene sostanze addirittura utili nella prevenzione del cancro prostatico”.

Benvenuti !

Oggi 25 aprile 2008 la redazione de "il diritto" crea una nuova rubrica dedicata alla salute..

Grazie a tutti i lettori che vorranno visitare ed interagire con il nostro Blog