lunedì 19 maggio 2008

Esofagite e reflusso gastroesofageo

L’esofagite è una patologia dell’apparato digerente che, specie negli ultimi decenni, si sta diffondendo in maniera preoccupante, soprattutto nei Paesi Occidentali, fino a colpire quasi un Italiano su tre, in prevalenza donne e con un età di circa sessanta anni, anche se non di rado si presenta in gravidanza o nei neonati. Come si ricava dall’etimologia greca della parola, l’esofagite consiste in un’infiammazione dell’esofago, ossia del canale che, per il tramite di una valvola detta “cardias”, permette il passaggio del cibo fino allo stomaco. Più precisamente, si parla di vera e propria esofagite ogni qual volta sulla mucosa dell’esofago sono rintracciabili, mediante gli opportuni esami (tra i quali va assegnato oggi un ruolo di primo piano alla gastroscopia), delle lesioni di gravità variabile, che vanno da piccolissime ferite a erosioni e ulcere di grandezza anche molto preoccupante. Le lesioni sono provocate dall’azione corrosiva svolta dal materiale acido che, per un errato funzionamento del cardias, risale dallo stomaco all’esofago. Quando, infatti, la valvola appena citata non si richiude subito dopo il transito del cibo, una parte di quest’ultimo, insieme ai succhi gastrici e agli acidi prodotti dallo stomaco per favorire la digestione, risale verso l’esofago, organo non dotato di sistemi in grado di neutralizzare e rendere innocui tali sostanze acide e corrosive. Le cause che determinano l’insorgere di questa malattia possono essere diverse e la loro reale incidenza non è stata ancora dimostrata in modo scientifico; è stato provato, tuttavia, che può essere cagionata da infezioni, da radioterapia, da un uso ripetuto di certi tipi di farmaci (specie di tipo analgesico), da avvelenamento per assunzione di sostanze caustiche, da presenza di un’ernia iatale o da abuso di sostanze irritanti, quali alcolici, fumo, caffé, cioccolato o cibi eccessivamente grassi. Il fattore che provoca l’esofagite con una frequenza statistica più elevata di ogni altra causa, però, è il “reflusso gastroesofageo”, una malattia assai diffusa che, all’incirca nel 40% dei casi, è associata alla vera e propria esofagite ossia, come detto, a vere e proprie lesioni lungo la parete dell’esofago. Quanto ai sintomi tipici dell’esofagite, quelli caratteristici sono bruciore all’altezza dello sterno e senso di acidità, che parte dalla bocca dello stomaco e si propaga fino alla bocca, ove, subito dopo i pasti, possono verificarsi dei fenomeni di reflusso di bile e succhi gastrici, con risalita di una parte di cibo lungo l’esofago. Spesso le eruttazioni ripetute provocano spasmi che, non di rado, stimolano rigurgiti di sostanze acide. In alcuni casi, sono riscontrabili anche sintomi meno tipici, come dolore al torace, difficoltà di deglutire e perfino manifestazioni come tosse o laringite cronica, sanguinamento o fastidi all’orecchio. Per evitare il reflusso dei succhi gastrici attraverso la valvola è sufficiente, spesso, modificare in modo opportuno lo stile di vita: smettere di fumare, evitare gli alimenti e i condimenti piccanti o, comunque, irritanti visti poc’anzi, e masticare il cibo con calma, preferendo pochi pasti non eccessivi. E’ consigliabile, poi, non coricarsi subito dopo un pasto, specie se abbondante, e, al contrario, fare passeggiate anche brevi che aiutino la digestione. Non bisogna indossare pancere o abiti stretti in vita, né effettuare sollevamento di pesi o, comunque, sforzi con il busto protratto in avanti, i quali favorirebbero l’aumento della pressione sull’addome e, quindi, la risalita del cibo verso la bocca. Per i soggetti che manifestano i sintomi più gravi dopo cena, è solitamente di grande ausilio sollevare di alcuni centimetri il capezzale del letto, in modo che il busto risulti leggermente più in alto degli arti inferiori. Qualora l’adozione delle cautele preventive menzionate non riesca, da sola, a risolvere il problema, il medico normalmente prescrive dei farmaci specifici che tendano a ridurre il reflusso oppure a renderlo innocuo per le mucose dell’esofago. I medicinali più usati attualmente sono i c.d. “inibitori di pompa protonica”, che tendono a diminuire la produzione di succhi gastrici, mentre meno di frequente si ricorre ai c.d. “procinetici”, sostanze come metoclopramide, domperidone e levosulpiride, le quali migliorano il tono e, quindi, il funzionamento del cardias, la valvola che permette il corretto defluire del cibo e il regolare svuotamento dello stomaco. I farmaci più blandi, impiegati, per lo più, quando la patologia non è grave, sono i c.d. “antiacidi”, che attenuano il potere corrosivo e l’acidità della bile. Sarà lo specialista a stabilire se l’assunzione di un determinato farmaco sia necessaria solo all’occorrenza o per periodi anche molto prolungati. Quando neppure la terapia farmacologica funziona, non resta che porre rimedio con un’operazione chirurgica, la quale avrà lo scopo principale di apporre una barriera artificiale all’altezza del cardias, in modo da impedire il reflusso gastroesofageo; i metodi di plastica più diffusi allo stato attuale sono quello detto di “Dor” oppure quello di “Nissen-Rossetti”. In conclusione, si pone l’accento sulle possibili complicanze dovute a un’esofagite non curata in tempo. Innanzitutto, le cicatrici lasciate dalle ferite lungo l’esofago possono essere ad origine di un restringimento dell’esofago, ossia della c.d. “stenosi”, malattia piuttosto grave dell’apparato digerente. Ma la complicanza più temibile che, peraltro, sopravviene ben nel 10% circa dei casi di esofagite, è il c.d. “esofago di Barrett”. Quest’ultima patologia si verifica allorché le cellule che compongono la parete dell’esofago, per tentare di difendersi dagli attacchi degli acidi gastrici, mutano la loro essenza fino a trasformarsi in cellule che, similmente a quelle che compongono lo stomaco, sono capaci di neutralizzare e rendere inoffensive le sostanze biliari. Tale modificazione cellulare, tuttavia, è una condizione preoccupante perché aumenta sensibilmente il rischio di tumori all’esofago.

1 commento:

Reflusso Gastroesofageo ha detto...

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